“Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita.”
- Caravaggio
L’energia è la chiave del nostro benessere. Ogni anno la nostra specie ne consuma un quantitativo enorme (500 milioni di trilioni di Joule), eppure non è affatto facile dire, in modo preciso, cosa essa sia.
Sant’Agostino, parlando sulla nozione di tempo, diceva che sapeva bene cosa fosse ma non riusciva a spiegarlo quando qualcuno glielo chiedeva. Con l’energia, incontriamo le stesse difficoltà. Da un lato, è abbastanza facile riconoscerne le forme intorno a noi. Anzi, la usiamo per compiere qualsiasi azione: dal costruire un imponente edificio al dissalare l’acqua di mare, dal suonare uno strumento musicale al dipingere un quadro, dal masticare al digerire al pensare.
Come se ciò non bastasse, gli eventi degli ultimi due anni hanno reso l’energia ubiqua nei nostri discorsi. Complici una serie di circostanze (prima lo squilibrio tra domanda e offerta nel mercato del gas naturale, post-Covid, poi la guerra in Ucraina), le bollette che paghiamo per avere energia nelle nostre case sono diventate molto più care. Così, abbiamo visto sotto nuova luce abitudini scontate: come sentire scorrere l’acqua calda dopo aver girato un miscelatore.
Per queste ragioni, siamo persuasi di sapere cosa sia l’energia. Tuttavia, se qualcuno ci mette alle strette e ci chiede a bruciapelo “sì, ma cos’è?”, ecco che la sua natura torna a essere inafferrabile, sfuggente.
Lavoro
Iniziamo da una definizione indiretta, che sfrutti proprietà osservabili in concreto.
Di solito, descriviamo l’energia come la capacità di compiere un lavoro. Dopotutto, la parola energia viene dal greco ενέργεια: termine composto dalla particella εν (“dentro”, “all’interno”) e da ἔργον (“lavoro”, “opera”.)
Questo, però, non ci aiuta granché dal momento che in fisica e in ingegneria la parola lavoro ha un significato tecnico, per alcuni versi lontano da quello che ci suggerisce la nostra intuizione. In un linguaggio più familiare: possiamo pensare all’energia come a una proprietà che “sta” negli oggetti in movimento o che, per gli oggetti a riposo, ha la potenzialità farli muovere. Dagli aerei che decollano, agli elettroni che passano da un atomo all’altro.
Il lavoro ha a che fare con il fatto che avviene uno spostamento sotto l’azione di una forza, o di una serie di forze, avente componente non nulla nella direzione dello spostamento.
Per esempio: se trasporto uno scatolone su per le scale, i muscoli delle mie gambe convertono energia chimica in energia meccanica - compiono un lavoro contro la forza di gravità e infine ne trasferiscono parte allo scatolone, che trovandosi più in alto di prima ha maggiore energia potenziale.
Se lo scatolone dovesse cadere fino al piano terra: l’energia potenziale diventerebbe energia cinetica e poi, in seguito all’urto, in suono e calore.
Mattoncini astratti
“È importante rendersi conto che, nella fisica odierna, non abbiamo idea di che cosa sia l’energia.”
- Richard P. Feynman
Se la definizione sopra non vi soddisfa, non siete i soli.
In effetti, dire che qualcosa è la possibilità di fare qualcos’altro è piuttosto vago. Per capire meglio, proviamo con un’analogia presa da un celebre passaggio de La fisica di Feynman.
Immaginiamo un bambino che abbia un set di Lego. Per semplicità, supponiamo che i mattoncini del set siano 100 di numero, tutti uguali e anche molto resistenti, al punto da poter essere ritenuti indistruttibili e indivisibili - ipotesi della cui ragionevolezza, io credo, non dubiterete se vi è mai successo di calpestarne uno da scalzi.
Il bambino (lo chiameremo Gaetano) ogni sera, prima di andare a dormire, li ripone in una scatola. Essendo un tipo curioso, li conta e scopre uno schema: qualunque cosa lui ci abbia costruito durante il giorno, alla sera i mattoncini sono sempre 100.
Questo schema si mantiene per varie settimane, finché una sera Gaetano trova solo 97 mattoncini; si mette alla ricerca nella sua stanza e, dopo un po’ di tempo, scopre che 3 mattoncini erano finiti sotto il letto. Passa ancora qualche giorno, finché un’altra sera Gaetano ne conta 103! Questa cosa lo lascia inizialmente molto perplesso, finché non si ricorda che, nel pomeriggio, il suo amico Alfio era venuto a fargli visita. Alfio aveva portato con sé il suo set Lego, evidentemente dimenticando 3 dei suoi mattoncini.
C’è un fatto, o se preferite una legge, che governa tutti i fenomeni naturali a oggi conosciuti. Non c’è nessuna eccezione a questa legge per quanto ne sappiamo. La legge si chiama conservazione dell’energia. Dice che c’è una certa quantità, che chiamiamo energia, che non cambia rispetto alle grandi mutazioni in cui va incontro la natura. È l’idea più astratta che ci sia, perché è un principio matematico; dice che c’è una quantità numerica che non cambia quando succede qualcosa. Non è la descrizione di un meccanismo, o qualcosa di concreto; è solo uno strano fatto per cui possiamo calcolare un numero e quando abbiamo finito di osservare la natura che fa le sue cose e abbiamo calcolato nuovamente il numero, questo è uguale a prima.
Dunque: l’energia è una quantità astratta.
È un numero utile, che descrive il comportamento di un sistema. Si presenta in varie forme, simili ai mattoncini Lego nella scatola, sotto il letto e così via: per es. cinetica, gravitazionale, elastica, elettrica, chimica; sommando i vari contributi, troviamo che l’energia complessiva rimane invariata, se non per quella che eventualmente entra o esce dal sistema.
Stock e flussi
Come possiamo figurarci l’energia che si sposta tra oggetti?
Poiché l’energia si conserva, possiamo immaginarla come un fluido: con dei serbatoi (o stock) nei quali si accumula e con dei tubi (o flussi) attraverso i quali si sposta.
I serbatoi sono, tendenzialmente, degli oggetti. Sono di varia natura, a seconda della forma di energia che immagazzinano: per es. una tazzina piena di caffè caldo (energia termica), un barile di greggio, un metro cubo di gas naturale (energia chimica) o una barra di uranio (energia nucleare).
I tubi sono, invece, dei fenomeni come l’elettricità, la radiazione o il suono. In linea di massima, vale una sorta di “principio di vasi comunicanti”: l’energia tende a spostarsi attraverso questi tubi dai serbatoi in cui ce n’è molta verso quelli dove ce n’è meno. Un esempio tipico è proprio quello dell’energia termica: questa si sposta dal serbatoio (il caffè caldo) verso la ceramica della tazzina e verso l’ambiente circostante, se questo si trova a temperatura più bassa. Proprio come nei vasi comunicanti, il caffè continuerà a cedere calore fino a che il livello nei serbatoi sarà pari: ovvero, fino a quando non si stabilisce equilibrio termico.
Wattora e watt
Pensare in termini di stock e flussi è cruciale, perché ci aiuta a districarci e a capire la differenza tra due grandezze importanti, ma spesso confuse: energia e potenza. Negli ultimi anni di crisi energetica, queste due grandezze insieme sono entrate a fare parte delle nostre discussioni quotidiane sentendo parlare di wattora e watt.
La potenza rappresenta la quantità di energia prodotta in un’unità di tempo.
In parole povere, la potenza rappresenta la “portata” di energia che fluisce dentro i tubi tra un serbatoio e l’altro. Per questo, si usa per indicare la “taglia” (o la capacità produttiva istantanea) degli impianti che producono energia. La sua unità di misura è il watt (W) che equivale ad 1 Joule al secondo.
Se, però, la potenza indica la portata della centrale elettrica, per capire la quantità di energia prodotta dobbiamo sapere per quante ore all’anno l’impianto produce: ovvero dobbiamo calcolare i wattora (Wh). Poiché in un’ora ci sono 60 minuti da 60 secondi, 1 Wh = 3’600 J.
A parità di potenza installata (ad es., P = 100 megawatt o MW), un impianto nucleare e uno eolico non producono gli stessi megawattora o MWh di energia in un anno. Da un lato, il primo funziona quasi ininterrottamente (si dice: ha un capacity factor elevato, di circa 90%), perché le barre di combustibile contenute nel reattore producono energia in modo costante e stabile; d’altra parte, il secondo produce solo quando soffia il vento (30-35%).
Tenere distinti W e Wh ci aiuta a ricordare che l’energia produce benessere solo nella misura in cui è affidabile (prodotta in maniera stabile), oltre che abbondante e a basso costo. È utile a comprendere come mai storicamente abbiamo privilegiato alcune fonti primarie per produrre energia elettrica e quali siano gli accorgimenti da adottare (e le sfide tecnologiche) se vogliamo attingere anche ad altre fonti aleatorie e discontinue.
🧰 Toolbox
Boncinelli E., A. Ereditato, Tutto si trasforma, Il Saggiatore, 2022
Feynman R. P., Leighton R. B., Sands M., La fisica di Feynman, Zanichelli, 2017
Susskind L., G. Hrabovski, Il minimo teorico, Raffaello Cortina Editore, 2019
🎨 Artwork
Pignatti L., Energia (2023)