“Paragono fortuna a un fiume impetuoso che, quando s’infuria, allaga le pianure, travolge gli alberi e gli edifici, trascina masse di terra da una parte all’altra. Ciascuno fugge davanti a esso senza poter in alcun modo opporsi al suo impeto. Tutto questo non impedisce tuttavia agli uomini, nei periodi calmi, di predisporre ripari e argini in modo che, quando i fiumi ingrossano, possano essere incanalati e il loro impeto possa non risultare così incontrollato e dannoso.”
- Niccolò Machiavelli
Il rapporto tra la nostra specie e l’ambiente è una faccenda concreta.
Per fare arrivare un pollo sulla nostra tavola, è necessaria una quantità di energia pari a quella contenuta in mezza bottiglia di greggio: basta guardarci attorno con un po’ di curiosità per renderci conto che viviamo circondati da Joule di lavoro.
Eppure, proprio quando fare qualcosa per salvare il clima sarebbe più urgente, sembra far breccia un approccio ideologico e astratto. Come evidenzia un recente studio sulla rivista Global Environmental Change, sbattere il clima in prima pagina ottiene spesso come esito una comunicazione sbilanciata: l’enfasi è tutta sul problema, anziché sulle possibili soluzioni.
Un approccio che non trova riscontro nei dati e produce paralisi.
OK, doomer
Di Dio ci fidiamo. Tutti gli altri, devono portare i dati.
- William E. Deming
Sui dati: un po’, il doomer, va capito. Fino a poco tempo fa, le soluzioni che avevamo a disposizione per contrastare il cambiamento climatico erano di gran lunga più costose e inefficaci.
Anche solo una decina d’anni fa, non c’era storia: una centrale a carbone era molto più redditizia, rispetto alle alternative: l’eolico costava il 22% in più, il fotovoltaico il 223% in più. Non è poi così sorprendente, che la situazione sembrasse disperata.
Eppure, in un breve lasso di tempo, tutto si è capovolto.
Nell’arco di appena un decennio, il costo dell’elettricità prodotta con il fotovoltaico è crollato dell’89%. Oggi i ruoli sono invertiti: il prezzo per kWh che serve applicare per rientrare dell’investimento di una nuova centrale a carbone (LCOE) è molto più alto di quello che può offrire un impianto fotovoltaico.
Difficile rendersi conto di quanto sia enorme tale gap. Un buon esperimento mentale è provare a immaginare quanto sarebbero accessibili altri beni, se il loro prezzo avesse seguito lo stesso andamento dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Dieci anni fa, quando mi sono spostato a Milano per lavoro, ho pagato un affitto di €650 al mese per un piccolo monolocale in zona Porta Venezia. Se il mercato degli affitti avesse visto lo stesso crollo dei prezzi del fotovoltaico, oggi pagherei appena €72 al mese per lo stesso monolocale.
Beninteso, questo non è l’unico parametro da considerare. LCOE è una metrica che ha senza dubbio forti limiti: per esempio, non valuta il diverso apporto all’adeguatezza e alla sicurezza del sistema-rete da parte di fonti dispacciabili e fonti discontinue.
Tuttavia, se guardiamo ai dati, questi ci raccontano un enorme progresso tecnologico nel campo delle rinnovabili, sostenuto da (alcune, non tutte) politiche ben calibrate: a meno di non voler essere ideologici e rigettare tutto quello che è stato fatto, in questi anni, per rendere la nostra economia più sostenibile.
Accomodare e smussare
Il meglio è nemico del bene.
- Voltaire
Di fronte al cambiamento climatico, la nostra specie si trova in una condizione simile a quella di una start-up: vogliamo allocare al meglio le nostre risorse e fare deployment di tecnologie nuove, in un contesto di grande incertezza.
La nostra runway è corta. Dunque è sensato interrogarci costantemente sugli impatti delle soluzioni che adottiamo: ci aiuta a capire se stiamo migliorando o peggiorando le cose, a discernere le idee buone da quelle meno buone, in ultima analisi a decidere, passo dopo passo, se (e come) fare pivot o se perseverare.
Per esempio: la World Bank stima che, per costruire impianti eolici, fotovoltaici, auto elettriche e batterie, nei prossimi 25 anni dovremo estrarre 3.5 miliardi di tonnellate di metalli. Abbiamo il dovere di farlo in modo consapevole: valutando dove effettuare le attività e come i lavoratori vengono trattati lungo la catena d’approvvigionamento, in modo da non sacrificare la causa dei diritti umani a quella del clima.
Il punto, però, è che qualsiasi soluzione avrà dei trade-off: degli impatti negativi, che ci toccherà affrontare e mitigare. Di certo siamo tentati di trovare il proiettile d’argento, ma stiamo pur certi che non lo troveremo. L’unica opzione che abbiamo è il cosiddetto approccio del muddling through: ovvero di “cavarcela alla meno peggio”, predisponendo tutti gli argini e i ripari di cui la nostra virtù è capace.
Per gli olandesi, che di argini e ripari se ne intendono, è un cardine della poldercultuur: le soluzioni ai problemi complessi si costruiscono iterativamente per approssimazioni successive. Loro dicono: schikken en plooien (“accomodare e smussare”).
Senza, però, ritardare oltre l’azione.
Lo spettro dell’inazione
“L’addestramento è niente, la volontà è tutto! La volontà di agire.”
- Ra’s al Ghul
Il vero punto, infatti, è questo: evitare l’inazione.
Concentrarci solo sul problema, diffondendo a macchia d’olio discorsi apocalittici sul crollo inevitabile del pianeta, favorisce la rinuncia a qualsiasi azione di vasta portata e trasforma il cambiamento climatico in una profezia auto-avverante.
In questo, i catastrofisti e i cosiddetti negazionisti sono curiosamente simili. Anche se mossi da agende opposte, finiscono per ottenere lo stesso risultato: la paralisi.
Da un lato dello spettro, i negazionisti sono convinti del fatto che i combustibili fossili non pongano alcun problema ambientale. Vorrebbero, quindi, che scegliessimo di non agire per ridurne l’uso e sviluppare alternative. Dall’altro lato, i catastrofisti ritengono che il problema sia così grande e complesso che non abbiamo speranza, con la nostra azione, di opporci al suo impeto: siamo spacciati in partenza e possiamo solo fuggire.
Le nostre chances di successo, invece, dipendono da quanto sapremo restare orientati alle soluzioni concrete. Quella tra catastrofismo e negazionismo è una Terra di Mezzo per troppo tempo rimasta senza argini e ripari.
È ora di darci da fare: non è (ancora) troppo tardi.
🧰 Toolbox
Brussato G., Energia verde? Prepariamoci a scavare, Montaonda, 2021
Macchiavelli N., Il principe, Einaudi, 2014
Ries E., Partire leggeri - Il metodo Lean Startup, Rizzoli, 2012
Smil V., Come funziona davvero il mondo, Einaudi, 2023
🎨 Artwork
Pignatti L., Soluzioni (2023)
“Ok, doomer” è molto divertente 😄