“Ragione, io ti sacrifico alla brezza della sera.”
Aimé Césaire
A volte, capita di rompersi le pale.
Esatto, con una sola “L”. È quello che è capitato un paio di settimane fa, nella wind farm offshore Vineyard Wind, a 13 miglia nautiche dalla costa del Massachussetts.
Si tratta di un parco eolico imponente, entrato in funzione all’inizio di gennaio 2024 quando, a fine commissioning, le turbine installate hanno inviato a terra i primi kWh. Quando la wind farm sarà completa, conterà 62 turbine Haliade-X prodotte dalla GE Vernova, per una capacità di targa complessiva di 804 MW.
Vuol dire che ciascuna turbina ha una potenza installata di 13 MW 👇
Rompersi le pale non è mai piacevole ma, appunto, capita. Anche i materiali migliori hanno dei limiti dal punto di vista meccanico - e quando le macchine e i componenti progettati sono:
giganteschi
costretti a operare in un ambiente sfidante come il mare
il failure (sia nel senso di guasto, che di fallimento) è dietro l’angolo.
⁉️ Cos’e successo a Vineyard Wind 1
Spoiler: non si sa (ancora) 🤷
Presumibilmente, la pala della turbina dello scandalo si è danneggiata nel corso della serata di sabato 13. Il cedimento iniziale della pala pare sia avvenuto a circa 20 metri dalla sua radice, ossia del punto in cui la pala si collega alla nacelle tramite il mozzo.
Tuttavia, questa è solo una ricostruzione ex post. Se vogliamo seguire la sequenza dei fatti in ordine temporale, allora il primo resoconto è stato quello di Carl Bois, titolare e comandante della Topspin Fishing Charters in rotta nelle acque vicine alla wind farm domenica 14:
“On Sunday while I was tuna fishing, I was east of the wind farm (and, no, there is no secret tuna bite there). I started to notice a crumb trail of what appeared to be white and green Styrofoam which led me to bigger and bigger pieces as I approached closer and closer to the wind farm. […] From a boater’s perspective, this was really concerning. A piece that size is no joke. This could seriously hurt a boat.”
Il comandante ha scattato qualche foto ai detriti che galleggiavano in acqua: per lo più, delle grandi “zattere” di fibra di vetro e schiuma di poliuretano - i materiali coi quali vengono costruite le pale eoliche e che hanno il pregio di renderle leggere.
Carl ha girato le foto al quotidiano online locale (Nantucket Current) che a sua volta ha provato a contattare l’ufficio Relazioni coi media di Vineyard Wind per un riscontro.
📻 Niente, silenzio radio.
Per circa altre 24 ore. Infatti, è alle 5 del pomeriggio di lunedì 15 (due giorni dopo il guasto) che Vineyard Wind ha informato in via ufficiale il sindaco di Nantucket Libby Gibson. A seguire, un comunicato del fabbricante della turbina, GE Vernova, dal tono decisamente eufemistico:
“On July 13, a single turbine at the Vineyard Wind 1 offshore wind farm experienced an isolated blade event […]. No injuries occurred, and GE Vernova’s Wind Fleet Performance Management team have initiated our investigation protocols into the event in coordination with our customer.”
❤️🩹 Un po’ come ammettere in pronto soccorso un paziente con infarto scrivendo sul modulo del triage che sta sperimentando un “episodio cardiaco isolato”.
Troppo tardi: la mattina dopo, le spiagge di Nantucket erano già punteggiate di detriti.
Vineyard Wind ha inizialmente affermato di aver dato notizia dell’incidente prima del pomeriggio di lunedì 15, ma non è poi riuscita a dare evidenze di tale comunicazione - cosa che ha iniziato a far scaturire il fuoco delle polemiche.
A gettare benzina su questo fuoco, completando la maldestra operazione di PR, ci ha pensato il 17 luglio il CEO di Vineyard Wind Moeller abbandonando bruscamente la seduta del comitato cittadino di Nantucket alla quale era stato invitato. Nemmeno a farlo a posta, il giorno dopo un altro pezzo della pala (lungo circa 90 metri) è caduto in acqua.
Insomma: la situazione continuava ad evolvere, a fronte di lavori all’interno della wind farm non ancora conclusi (visto che le attività di costruzione sono ancora in corso).
Per questo, a ogni buon conto, il 17 luglio stesso il governo federale, per il tramite del Bureau of Safety and Environmental Enforcement (detto anche BSEE) ha emesso uno stop work order per l’impianto. La wind farm non può continuare a produrre elettricità e le attività di installazione sono in pausa, con la sola eccezione della posa cavi.
Al di la di quello che appurerà l’investigation, rimane certo che oltre a una pala della turbina si è rotta anche la fiducia tra Vineyard Wind e la comunità di Nantucket: tra le due parti esiste un “Good Neighbor Agreement” che adesso il comitato dei cittadini ha intenzione di rinegoziare.
📍 Un episodio isolato?
No, purtroppo non si tratta di un episodio isolato 👇
La prima settimana del maggio scorso, una turbina dello stesso modello (GE Vernova Haliade X-13) nella wind farm Dogger Bank A è stata interessata da un guasto simile.
In quel caso, secondo GE Vernova alla radice del guasto ci sarebbe stato un errore di installazione; nel caso di Vineyard Wind, invece, la causa sembrerebbe per adesso un problema di qualità nella fabbricazione della pala - e in particolare, nell’indurimento della resina effettuato nell’impianto di Gaspé in Canada.
E questo per rimanere in mare.
Infatti, dei problemi ci sono stati anche a terra. Il 2 luglio, American Electric Power ha annunciato azione legale nei confronti di GE Vernova presso la New York Supreme Court - proprio a causa dei guasti riscontrati nelle turbine onshore.
AEP ne ha acquistate da GE Vernova un centinaio, destinate per lo più a wind farm in Oklahoma. Stando a quanto dichiara AEP:
“Within only two to three years of commercial operation, the GE wind turbine generators have exhibited numerous material defects on major components and experienced several complete failures, at least one turbine blade liberation event, and other deficiencies.”
🌬️ Qual buon vento?
Se l’eolico negli 🇺🇸 piange, in 🇪🇺 non ride.
Il recente episodio di Vineyard Wind non è avvenuto certo nel momento più propizio per l’industria, visto che anche su questa sponda dell’Atlantico continua il fuggi-fuggi dal settore offshore.
Adesso è la volta di due giganti del settore energetico. Dapprima Shell ($317 miliardi di fatturato nel 2023), che a maggio ha annunciato pesanti tagli al personale della sua business unit dedita all’offshore wind: secondo quanto ha riportato Bloomberg, a guidare la scelta sarebbe stato l’intento di concentrare le risorse sui segmenti di mercato dove il ritorno atteso per gli investitori è maggiore.
L’ha seguita a ruota (o, trattandosi di turbine, sarebbe meglio dire: “a rotore”? 🤔) il CEO di BP Murray Auchincloss. Per il momento, ricostruisce Reuters, la strategia di transizione dell’azienda zoppica e quindi desta parecchio scontento tra gli investitori: in particolare, con riferimento all’offshore wind, l’aspettativa è che i mega-progetti intrapresi da BP non generino revenue ancora per alcuni anni. Per questa ragione, BP ($208 miliardi di fatturato) ha deciso di “mettere in pausa” questi progetti – e quindi anche le assunzioni di personale.
🗜️ In tutti i sensi: un problema strutturale
Dunque, ha forse ragione chi nutre pregiudizi sull’eolico a 360°?
A mio modesto avviso: no. Tuttavia, non si può negare come la vicenda di Vineyard Wind metta in luce uno dei tre ostacoli di medio termine che il settore dell’eolico in mare si trova ad affrontare:
tassi di guasto superiori al previsto
inflazione
mancate economie di scala
Su tutti e tre, ho provato a mettere in fila numeri e pensieri circa un anno fa, ospitato gentilmente da Rivista Energia. Se l’episodio di Vineyard Wind ha messo l’accento sul primo ostacolo, anche gli altri due giocano un ruolo importante - se ti interessa avere una panoramica più completa, qui trovi il link all’articolo 👇
📰 Morgia E., 3 fattori che soffiano contro l’eolico, Rivista Energia, 2023
🐘 Grande è bello?
Il motto dell’eolico è, ormai da anni, “the bigger, the better”
Per averne percezione concreta, basta guardare i dati: ad es. per le turbine onshore, in appena 20 anni il diametro medio del rotore è passato da 58 metri (2000) a 90 metri (2020), grossomodo l’altezza della Statua della Libertà a Manhattan 🗽
Questo trend non nasce certo dall’amore per il gigantismo in sé e per sé, ma dal voler superare una delle caratteristiche più limitanti per l’eolico: l’intrinseca bassa densità energetica. Il vento, infatti, è una fonte “diluita”. Per gli operatori dei parchi eolici è cruciale garantire una produzione economicamente sostenibile: ossia garantire che l’impianto generi, nel corso della sua vita utile, abbastanza MWh da ripagare il costo dell’investimento iniziale (CAPEX).
Fissata la geografia, ci sono grossomodo due strategie per far sì che una turbina eolica produca più kWh, fissata la geografia:
aumentare l’altezza del mozzo
aumentare le dimensioni del rotore
Le turbine Haliade-X sono state progettate proprio secondo questa logica.
Il mozzo si trova a ca. 260 metri di quota e quindi colloca le pale più in alto possibile nell'atmosfera, perché il vento là sopra soffia in modo più forte e costante (fenomeno noto con il nome di “gradiente del vento”).
Il rotore è largo 220 metri perché la potenza del flusso d’aria che investe la turbina è direttamente proporzionale all’area spazzata dal rotore. Più grande è quest’area, più grande è il flusso intercettato e quindi l’energia prodotta.
Se la scienza delle costruzioni ti appassiona e sei curioso di saperne di più, ti rimando a questo 🧵 thread su X dove ho provato a sviscerare meglio la questione.
Qui ci basta notare come, con pale così grandi, i guasti elettrici e meccanici diventino inevitabilmente comuni e costosi - così come le attività di manutenzione, necessarie a garantire un buon funzionamento delle turbine.
⚖️ Progettare è fare compromessi
Affrontare questi limiti costruttivi è una sfida ingegneristica impegnativa.
Eppure spesso ce ne dimentichiamo. Citiamo l’eolico come un esempio di tecnologia ormai matura, sotto controllo, e così facendo ci raccontiamo che lì non abbiamo più nulla di importante, di sostanziale da imparare.
L’impresa che chiamiamo “tecnologia” è accompagnata da narrazioni avvincenti e sensazionalistiche.
È un’idea rassicurante. Infatti, se davvero così fosse, gli obiettivi di deployment che ci siamo prefissi sarebbero a portata di mano, installare più GW (quando, quanto, dove) “solo” una decisione per i decisori politici .
Alcuni di noi sono tentati di assecondare queste idee a fin di bene, per aumentare il senso di urgenza e spingere i governi, le aziende e le società nel loro insieme a “fare presto”. Il rischio, però, è di dimenticarci del fatto che il design è l’arte del trade-off. Massimizzare l’energia estratta dal vento e contenere i carichi meccanici sulle pale del rotore e sugli altri componenti di una turbina sono due obiettivi in antitesi - non è possibile ottimizzarli entrambi simultaneamente.
La coperta sarà sempre corta e occorrerà negoziare un compromesso.
Come in tutte le attività di negoziazione, alcuni (molti?) tentativi falliranno. Io credo, ancora una volta, che la sfida sia quella di rimanere ottimisti: continuare a provare e tenere però a mente che il successo è solo uno dei possibili esiti di questo incessante sforzo di innovazione.
Risultati “banali” esistono nel gergo dei matematici, ma non in quello degli ingegneri. Set-back e battute di arresto possono esserci anche per tecnologie che pensiamo ormai essere consolidate, decenni dopo le prime applicazioni commerciali: sono tutte forme di informazione, intesa come interazione con la realtà. Questa, purtroppo, ha la testa dura e quindi insiste sul fatto che tutti i dettagli tecnici siano a posto.
🔊 Resonance frequency
“Hörst du, hörst du das wilde Lied” 🌬️
🧰 Toolbox
Petroski H., To Engineer Is Human: The Role of Failure in Successful Design, Vintage, 1992
Smil V., Invention and innovation: A brief history of hype and failure, MIT Press, 2023
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